Sviluppare in camera oscura: una magia senza trucchi.

Un laboratorio quasi magico

Molti dei fotoamatori più anziani, cioè quelli che hanno cominciato a scattare prima che la tecnologia digitale stravolgesse il modo di fare fotografia, hanno conosciuto un luogo magico: la camera oscura per lo sviluppo delle foto in bianco e nero.

È una magia lenta e senza trucchi, molto diversa da quella che oggi ci ha abituato a prestazioni fotografiche elevatissime, consentendoci di ottenere risultati eccezionali in tempi quasi impensabili per i procedimenti tradizionali.

La camera oscura era un vero e proprio laboratorio in cui il fotografo diventava quasi un alchimista, capace di trasformare una semplice pellicola malleabile e trasparente in un’immagine dai toni di grigio profondi, densi e ricchi di dettagli.

Una sfida che non passa di moda

Anche la rivoluzione digitale ha le sue sacche di resistenza: tutti i fotoamatori, e non sono pochi, che continuano a scattare su pellicola e a sviluppare e stampare da soli le proprie foto in bianco e nero.

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Per molti di loro è un piacere irrinunciabile, per altri una sfida che si rinnova ad ogni cambio di rullino. Chi non l’ha mai provata, la chiama fotografia artistica, chi invece la teme, sperimentazione. Molto più semplicemente è l’espressione del più intimo desiderio di una totale paternità delle proprie fotografie.

Il lupo perde il pelo ma non il fixer

Per questo, l’abitudine di scattare su pellicola e sviluppare e stampare le proprie foto in bianco e nero non è mai tramontata del tutto. Anzi, ultimamente, un numero sempre maggiore di fotoamatori si sta avvicina a questa pratica così affascinante e generosa di soddisfazioni.

Molti di loro sono davvero giovani, ed hanno scoperto il mondo analogico solo dopo aver esplorato in lungo e in largo il digitale. In effetti hanno percorso la strada al contrario: dopo aver riempito i propri hard disc con giga di immagini in alta definizione, ora comprano rullini in bianco e nero, e si divertono in camera oscura con cilindri graduati, pinze e fissatori.

Oltre al piacere di sviluppare e stampare personalmente i propri negativi, si regalano ogni volta una bellissima sensazione. Infatti, vedere comparire gradualmente la propria foto su un foglio di carta immerso in una bacinella, è un’esperienza che non smette mai di emozionare.


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2 commenti

  1. Nice article – bravi (forse troppo breve?)!
    Certo, è stata bellissimo passare ore nella Dark Room anni fa…
    E qui, a Taras, chi mette a disposizione la sua camera oscura? Come vi ho sempre detto, io sarei disposto a chiedere un mutuo pur di rientrare in essa!! 😉

    PS, comunque, è un dato di fatto che ci siano (è ci sono sempre stati) parecchi trucchi anche in the dark room (mi viene in mente Fading Away di H. P. Robinson nel 1858, per dirne una). Indubbiamente si trattava di “trucchi” ben diversi da quelli che si usano sulle varie piattaforme di oggi – ma comunque sempre presenti dalla nascità della fotografia!
    Happy shooting!
    Xx

  2. Ciao, grazie per il tuo commento! Siamo tutti d’accordo con te, la camera oscura è un’esperienza bellissima. La riteniamo una “magia senza trucchi” perché dietro ogni risultato c’è tanto “lavoro” ed esperienza, senza l’aiuto dello straordinario CTRL+Z, o la possibilità di interrompere lo sviluppo e riprenderlo a piacimento. Buona luce!

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